Carta, penna e intelligenza artificiale
Ci sono molti modi di visitare una Biennale Architettura a Venezia. Pensiamo ai professionisti del settore che la vedono in anteprima e poi scrivono articoli cliccatissimi sui padiglioni da non perdere, agli appassionati che scelgono la visita guidata, ai curiosi che concentrano in un giorno Arsenale e Giardini, non lasciandosi intimorire neanche da un afoso sabato di agosto.
Non vi diremo com’è andata, ma quello che ci siamo portati a casa. Riflessioni che ci terranno impegnati per i prossimi tempi perché hanno molto a che fare con il mestiere che facciamo: progettare. O meglio, progettare in un mondo che cambia, si riscalda e diventa sempre più veloce.
C’è del copywriting in questa Biennale, partiamo da qui. Intelligens, il titolo scelto dal curatore Carlo Ratti, è un neologismo che prende il termine latino gens (popolo) e lo innesta nella parola intelligence, trasformandola in un invito fiducioso alla collaborazione tra intelligenza naturale, artificiale e collettiva.
Sono molti i padiglioni ad averci colpito — Uzbekistan, Lettonia, Lussemburgo, Olanda, Belgio… — ma vorremmo selezionare solo tre esperienze, o dettagli, che nella sintesi concettuale ed espositiva sono riusciti a porci grandi quesiti, dimostrandosi davvero rilevanti e attuali se rapportati al nostro lavoro.
All’ingresso delle Corderie, siamo nell’Arsenale, si è accolti da un caldo umido soffocante. L’installazione Terms and Conditions porta l’esterno all’interno. I motori dei condizionatori che raffrescano le sale espositive sono collocati internamente, nel primo ambiente, esponendo al calore di scarto chi ha appena iniziato la visita.
Lezione 1. I progetti meglio riusciti spesso sono esperienze che coinvolgono tutti i sensi
Le parole ritornano al centro della nostra riflessione, questa volta insieme all’utilizzo dell’intelligenza artificiale. In tutte le sale dell’Arsenale curate da Carlo Ratti e il suo team, ogni progetto è accompagnato da una didascalia secondaria. Un testo più breve che spiega, in sintesi, cosa si sta guardando.
Unico dettaglio: ciascuno è stato redatto con l’intelligenza artificiale.
La scelta è interessante e controversa. Mettendoci nei panni dei visitatori — ma anche dei nostri, non vogliamo nasconderlo — la presenza di testi più concisi e semplificati agevola la comprensione dei progetti esposti, migliora l’accessibilità e velocizza il tempo di visita. Ricordate il povero visitatore che ad agosto farà Arsenale e Giardini lo stesso giorno? Ecco, lui o lei avrà un ricordo positivo di questi testi brevi.
Ma ora cambiamo punto di vista. Pensiamo al team che ha lavorato a ciascun progetto esposto, che ha affrontato la complessità e l’ha tradotta per invitare il pubblico a soffermarsi sulle tematiche proposte, a porsi delle domande, a rileggere, persino, se non ha colto il tutto. Cosa penserà dell’AI: che ha appiattito l’intero lavoro o che lo ha reso stimolante per più persone?
Non c’è un’unica risposta. C’è piuttosto un tema, che è il pensiero critico. La capacità di analizzare e valutare le informazioni, per formulare un giudizio. E dal momento che non si tratta di una dote innata quanto di una competenza che si allena, la sensazione è che la sfida non sarà nell’usare o meno l’AI, quanto nello scegliere quando e come usarla. Nel lavoro e nella vita di ogni giorno.
Lezione 2. Semplificare bene non è così semplice.
Vi portiamo anche dietro le quinte di questa Biennale Architettura 2025. Il team curatoriale ha trasformato un problema in opportunità: il Padiglione Centrale dei Giardini, chiuso per ristrutturazione, è diventato un non-pavilion che esplora le Biennali veneziane di architettura attraverso le edizioni, offrendo uno sguardo inedito su come l’evento prende forma.
Ma non solo. Lì vicino, sono state ricavate alcune nicchie per esporre una selezione di oggetti appartenuti al curatore e al suo staff. Moleskine, post-it, appunti sparsi. Sono segni concreti di pensieri scritti e disegnati su carta. Come si è sempre fatto e sempre si farà quando si ha a che fare con il progetto, a prescindere dal tipo di intelligenza.
Lezione 3. L’AI serve a poco se non hai un’idea.
Per concludere, facciamo tre passi e andiamo dall’Arabia Saudita all’Argentina. Nuovo padiglione, nuovo scenario. Nessuna frontiera, nessun passaporto — la Biennale è un luogo unico anche per questo, non scordiamolo. Qui il tempo rallenta, la luce si fa soffusa, l’aria più fresca. In questa atmosfera rarefatta ci appare un grande gonfiabile rosa: è l’ora della siesta. Possiamo sdraiarci e tirare le fila.
Questa Biennale è un’istantanea: fotografa il potenziale dell’AI, e le domande che solleva, nel 2025. Come sempre accade con la tecnologia, tra cinque o dieci anni gli scenari saranno altri. Il valore, però, è nell’aver disegnato un perimetro entro cui riflettere e agire.
Un perimetro con tre vertici: intelligenza naturale, artificiale e collettiva. L’AI cambierà, ma resterà centrale la collaborazione tra persone, natura e tecnologia. Soprattutto se sapremo spostare la domanda da cosa possono fare le persone con la tecnologia, a cosa la tecnologia può fare per le persone e per la natura. Questa domanda ora cerca risposta anche tra le nostre scrivanie.